Il gaslighting: una violenza psicologica che, purtroppo, aumenta sempre più
Gaslighting? Vediamo cos’è.
La parola gaslight è stata adottata dall’omonima opera teatrale uscita negli Stati Uniti nel 1938, e dagli adattamenti cinematografici del 1940 e 1944 realizzato dal regista americano Georg Cukor.
Nel film del 1944 “Gaslight” Charles Boyer interpreta il ruolo di un marito che cerca di far impazzire la moglie, facendo in modo che la donna (interpretata da Ingrid Bergman) non si fidi più delle sue percezioni e cominci a pensare di essere anormale e pazza.
A questo scopo detto marito fa varie azioni destabilizzanti nei confronti della moglie (sposta in segreto le cose, altera la luce delle lampade a gas della casa e fa svariati commenti che via via fanno sempre più dubitare la moglie del proprio equilibrio mentale).
Egli ha persuaso la giovane moglie ad abitare nella casa in cui è cresciuta sua zia, uccisa anni prima dal marito a seguito di una rapina finita male e poi agisce in senso destabilizzante verso di lei.

Il film Gaslight mostra chiaramente lo stato di confusione della donna, vittima di una grave manipolazione, dei tentativi del marito di influenzarne il pensiero e di minarne la capacità di fidarsi di se stessa e delle sue sensazioni. Da qui il titolo adattato per il pubblico italiano: Angoscia, in quanto la giovane moglie inizia a vivere con la perenne angoscia di dover impazzire.
Il gaslighting cos’è?
Il gaslighting è una subdola forma di violenza psicologica che rende la vittima incapace di difendersi da un abusante che la porta lentamente e gradualmente a mettere in discussione le sue sicurezze fino a sentirsi inadeguata e inutile.
Nel suo libro Relazioni Perverse (2005) la psichiatra Sandra Filippini scrive: il gaslighting va distinto dal dubbio e dalla ruminazione ossessivi, che non nascono dalla presenza di un “gaslighter”, ovvero l’agente del maltrattamento.
Secondo gli studiosi, Calef e Weinshel (1981), invece, l’abusante “scarica” sulla sua vittima i proprio conflitti, per liberarsi di essi e dell’ansia che ne deriva.
Si tratta, quindi, di un comportamento manipolatorio messo in atto dal “gaslighter” con l’obiettivo di far crollare la vittima tramite attacchi subdoli alla sua sicurezza, equilibrio e sanità mentale e sicurezza, con il chiaro scopo di confonderla, destabilizzarla e renderla “fragile” e vulnerabile.
Il “gaslighter” e la sua vittima
Colui o colei che partecipano e rendono attivi i processi psicologicamente manipolatori, di solito svolgono la loro funzione di “carnefici” in modo graduale, ripetuto e quotidiano, con destrezza e furbizia, in modo tale da non rendere così evidente l’abuso sulla vittima designata.
L’abusante si presenta con tratti specifici come il narcisismo, incapacità di provare emozioni, carenza di empatia e spiccata capacità di “imprigionare” la vittima in una relazione disfunzionale nella quale deve avere l’assoluto controllo.
Di conseguenza, è difficile – per la vittima – chiedere aiuto – in quanto si fida ciecamente del suo abusante e di ciò che dice, non rendendosi conto di essere, paradossalmente, una sua complice involontaria e passiva, attraverso continue giustificazioni.
Gli “strumenti” usati dal gaslighter sono le bugie che egli riconduce alla vittima accusandola di mentire o di aver fatto delle azioni che in realtà lei non ha mai messo in atto. Utilizzando, quindi, la negazione, anche di fronte all’evidenza, per sollevare dubbi e insicurezze che andranno ad aumentare la dipendenza e feribilità della vittima.
É proprio la dipendenza a generare un aumento del bisogno di vicinanza all’aggressore instaurando – com’è frequente in altri fenomeni di violenza psicologica – un continuo e crescente circolo vizioso difficile da spezzare.
Il Processo di manipolazione che utilizza il gaslighter: le tre fasi
Tutte le forme di manipolazione psicologica utilizzano degli step e delle modalità e fasi specifiche. In particolare quella più tipica di chi, consapevolmente o inconsapevolmente che sia, agisce su qualcun altro da gaslighter, sono le seguenti:
- agisce una prima fase nel processo manipolatorio che è caratterizzata da una distorsione a livello della comunicazione in cui viene usato l’altro per i propri scopi. In questa prima fase, anche detta dell’incredulità, la vittima diventa confusa e spesso sbalordita;segue
- vi è una seconda fase, più concitata, in cui la vittima cerca di difendersi tentando sia di convincere il gaslighter che ciò che dice non è vero, sia cercando di fare chiarezza attaccandosi anche con tutte le sue forze alla sua percezione della realtà;
- una terza e ultima fase di rassegnazione, passività e depressione, in cui la vittima depone le sue armi e si arrende, sentendosi ormai totalmente dipendente dall’abusante e in cui si convince della bontà e ragione delle argomentazioni e consigli del gaslighter.
Il gaslighting è una vera e propria forma di abuso in cui i comportamenti che vengono messi in atto sono un sistematico attentato volto a corrodere il benessere e il senso di realtà della vittima, negando fatti, eventi e situazioni al punto da diventare un serio pericolo per il benessere sia fisico, sia psicologico della vittima.
Secondo G. Salvatori (2008) questa forma di violenza è “insidiosa, sottile, non se ne percepisce l’inizio […]; non si tratta di una deflagrazione d’ira, che almeno è subito identificabile e oggetto di immediata risposta, anche legale. É una sottile lama di ghiaccio che s’insinua, molte volte, tra la tranquillità delle mura domestiche. É una violenza gratuita e persistente, reiterata quotidianamente, che ha la capacità di annullare la persona che ne è bersaglio. É un vero e proprio lavaggio del cervello“.
Gaslighting: quali conseguenze per la vittima?
Le conseguenze per le vittime che subiscono una violenza psicologica di gaslighting possono essere molteplici, eccone le principali:
- uno stato di totale confusione;
- sensazioni inerenti al non valere nulla, a seguito di vari attacchi subiti sul piano personale ed emotivo (“Non vali niente”, “Sbagli sempre tutto!”, ecc.);
- stanchezza fisica e mentale
- Senso di vergogna e di umiliazione
- totale dipendenza ed idealizzazione del gaslighter che viene visto come unica ancora di salvezza.
Chiedere aiuto?
In virtù del fatto che “la vittima” vede il suo abusante come sua stessa salvezza, essa ha necessariamente bisogno di essere aiutata da uno specialista il quale dovrà far leva su un percorso volto a:
- recupero dell’autostima;
- riappropriazione della sicurezza personale e del senso del proprio valore;
- sviluppo dell’autoefficacia.
Se sei vittima del fenomeno di gaslight, uno psicoterapeuta potrà aiutarti e tirarti fuori dalla delusione, dalla sensazione di vergogna, di fallimento e di “torpore”, tanto più quanto si può intervenire precocemente.
Meglio se il gaslight si fa aiutare nel fronteggiare questol tipo di abuso nelle sue primissime fasi, laddove ancora non è ancora giunto alla compromissione delle proprie capacità di valutazione alla perdita di equilibrio e consapevolezza.
Anche se, purtroppo, a livello legale il gaslight non è considerato un reato, tuttavia è necessario non sottovalutare questo tipo di violenza che, come succede anche per altri subdoli attacchi all’autostima, può portare a conseguenze gravi e insostenibili per chi è vittima e per chi gli è vicino.