Attacchi di panico o più semplicemente, paura o disagio anche di lieve intensità, come agiscono sul ns. respiro e perché?
Gestire meglio stress ed emozioni attraverso l’attenzione al respiro: sbloccare e “aprire il respiro”.
Da sempre il modo in cui respiriamo è direttamente collegato al modo in cui stiamo:
- siamo allegri, di buon umore, stiamo bene ….. il respiro è ampio, leggero, armonico e profondo;
- siamo tesi, preoccupati, arrabbiati o comunque soggetti ad emozioni non gradite ….. il respiro è prevalente nella zona alta del petto ed è veloce, contratto, affrettato o comunque disarmonico.
Il respiro è direttamente e fisiologicamente connesso, (potremmo dire anche “evolutivamente connesso”), a una specifico “stato di attivazione fisiologico”.Ovvero:
- la respirazione di petto, alta e frequente, è collegata a uno stato di “lotta e fuga“, ovvero a uno stato in cui ci si predispone ad attaccare, difendersi o a fuggire perché ci si sente davanti ad un nemico o a una minaccia.
- Nelle circostanze in cui ci sentiamo soggetti ad una fonte di stress, preoccupazione o disagio che induce tensione, ansia o rabbia, infatti, respiriamo di petto in modo rapido e affrettato: il respiro si fa più superficiale e più veloce e i muscoli dell’addome si irrigidiscono e tendono;
- quando siamo “in pace con noi stessi, con gli altri o con il nostro ambiente”, la respirazione è più profonda, ampia, “di pancia”: il respiro è più regolare, lento, armonico e rilassato e tutti i muscoli coinvolti sono più rilassati.
Esistono moltissimi studi scientifici che analizzano l’importante rapporto che esiste nell’uomo tra respirazione, stress e tensioni. Questi studi, concordemente, arrivano a dare delle indicazioni precise su questa complessa interazione.
Questo tema, che è molto articolato e complesso, è sintetizzabile così: quando si subisce, o si teme di subire, un trauma, mentale o fisico che sia, il respiro si modifica immediatamente adottando una specifica “modalità traumatica”.
Se ad esempio vieni rimproverato o sgridato da una figura autoritaria o di potere, avviene la stessa cosa che avveniva quando eri bambino e venivi sgridato dal papà, o da un maestro, o da un insegnante: smetti di respirare in modo lento e aperto e cominci a respirare in modo rapido e contratto. Oppure se cadi o ti fai male, o hai paura di cadere e farti male, (ad esempio su un campo di sci o camminando su una superficie ghiacciata o scivolosa), il tuo respiro adotta la modalità da trauma sopra descritta.
Questo modello si riscontra in tutti gli essere umani e e negli animali. Se per esempio scivoli e picchi con forza sul terreno, o stai ricevendo un forte rimprovero, inspiri bruscamente e tendi a trattenere il fiato; quando invece ciò che innesca il dolore scompare, riprendiamo a ad espirare in modo più ampio e “aperto”.
Ogni volta in cui cerchi di bloccare una sensazione negativa o sfavorevole, o cerchi di impedirti di provare rabbia o risentimento, la modalità di Respiro Traumatico ti fa prendere aria e trattenerla, anziché rilasciarla armonicamente, per aiutarti a controllare le emozioni.
In un trauma fisico, compi le stesse azioni: trattieni il respiro per limitare e ridurre il movimento al fine di ridurre il dolore, o tendi a fare dei respiri molto brevi.
Questo schema respiratorio viene dalla nostra storia antica: i ns. antenati infatti stavano il più possibile fermi e immobili quando scorgevano un possibile pericolo o minaccia. Del resto se cerchi di nasconderti da un predatore, tendi necessariamente a cercare di mimetizzarti nell’ambiente, facendoti se possibile più piccolo (spalle che si abbassano) e diminuendo – quasi cessando – l’attività respiratoria (mimetizzarsi nell’ambiente facendo meno rumore e meno movimenti possibili).
Questo schema respiratorio è un apprendimento molto antico che appartiene comunemente a tutto il genere umano, e non è assolutamente né una debolezza o un “difetto”, ma uno solo schema appreso ormai automatico e totalmente interiorizzato, tant’è che potremmmo parlare di memorie cellulari o a livello del DNA, e quindi di schemi adattativi molto e molto profondi.
Semplicemente magari sono scomparsi i predatori dal ns. contesto abituale, (ma sarà poi proprio vero, o forse siamo contornati a volte da predatori più sottili anche se meno minacciosi o pericolosi per la nostra sopravvivenza immediata?).
Se comunque questo è lo schema che abbiamo appreso, ovvero se abbiamo imparato ad attivare quella sorta di “blocco del respiro” che interviene ad ogni possibile minaccia o emozione negativa che compare nel nostro spazio percettivo personale, la cosa fondamentale è quella di agire in modo da sostituire questo schema con modalità più utili e produttive.
Ovvero ciò che dobbiamo fare è:
- abituarci ogni qualvolta in cui tendiamo a respirare in modo breve, affrettato o con la zona alta dei polmoni, fare alcuni respiri con la zona bassa dei polmoni (utilizzando quindi il diaframma o la zona addominale) a riportare le spalle e la colonna vertebrale in modo più eretto;
- alzare leggermente la testa e sollevare il capo (adottando quel modo di stare che è conosciuta come postura “del nobile” o “postura nobiliare”).
- diventiasmo rigidi
- entriamo in tensione;
- a livello ormonale scorre adrenalina nel ns. flusso sanguigno
- entriamo in uno stato diffuso di attivazione, allarme e stress.
Esercizi di respirazione profonda, fatta in modo abituale magari anche solo per 2 o 3 minuti due o tre volte ogni giorno, crea un’abitudine formidabile al farci sentire meglio e più connessi con il presente.
Mi raccomando, quindi: presta una costante attenzione al tipo e alla qualità di respirazione che nei vari momenti della giornata adotti. E intervieni immediatamente – respirando in modo lento, profondo e armonico ed attivando la “postura nobiliare” prima indicata, se noti che il tuo respiro si è fatto breve, alto o contratto.
Ciò ti permetterà anche di capire quali sono gli aspetti a cui sei inconsapevolmente sensibile, o quali sono gli stimoli – o i pensieri – che ti danno timore, paura, rabbia, tristezza o altro.
Rimarrai sicuramente esterefatto dalla quantità di volte in cui ti renderai conto che, senza accorgerti, bloccavi il tuo respiro e contraevi gi addominali e/o le spalle.
Quindi, riflettendovi adesso: quante volte ogni giorno attivi il meccanismo di “ricerca di mimesi” nell’ambiente o di “lotta e fuga”? Forse, rispondendo a questa domanda, hai appena fatto una “scoperta da togliere il fiato”, perciò MI RACCOMANDO: RESPIRA IN MODO PROFONDO LENTO E ARMONICO RIMANENDO MEGLIO SINTONIZZATO AL TUO PRESENTE.
Armando Pintus, Coach Psicologo a Milano, Psicoterapeuta e Formatore specialista nello sviluppare Autostima, Benessere, Efficacia e Risultati.
Non fa solo il Mental Coach dato che da 30 anni fa Coaching Psicologico con ogni cliente su ciò che più dà soddisfazione, riuscita, successo e risultati.
In particolare utilizza un metodo di Coaching Psicologico che Sviluppa Capacità e Risultati Personali, Emozionali, Sportivi e di Relazione.
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