

La sindrome di Hikikomori si è estesa e aggravata a causa del Covid-19 e di tutte le restrizioni imposte?
Lockdown e pandemia hanno aggravato i disagi in coloro che vivevano isolati nella propria stanza?
Ci sono delle correlazioni fra il Covid e l’aggravamento dei comportamenti di ritiro sociale?
La risposta, purtroppo, è: assolutamente sì! Infatti chi soffriva di sindrome Hikikomori purtroppo si è trovato ancor più in difficoltà, isolamento e disaggio a causa del Covid 19.
Se la pandemia da Coronavirus ci ha cambiati, di certo ha creato forti difficoltà e un impatto molto forte in chi è affetto dalla sindrome Hikikomori, come descritto anche nel portale Hikikomori Italia.
Il lockdown, che è piombato nelle nostre vite come una condizione forzata per salvaguardare la salute nostra e quella degli altri, ha causato in tutti una forma di ritiro, autoreclusione e solitudine.
Per coloro che soffrono di isolamento sociale, invece, l’autoreclusione e l’isolamento volontariamente attuato come scelta di vita, è stato ancor più rinforzato in chi soffre della sindrome Hikikomori.
Sindrome Hikikimori: solitudine, esclusione sociale e fuga dalle relazioni
La solitudine, il ritiro e l’esclusione sociale, la fuga dalle relazioni e dalla socialità extrafamiliare – e così spesso anche familiare – sono ormai diventate troppo spesso delle scelte di comportamento patologico per troppi ragazzi.
A questo proposito è necessario distinguere tra due tipi di solitudine e modalità di autoreclusione: la solitudine psicologica e quella fisica; l’isolamento temporaneo o quello quasi totale.
La solitudine fisica temporanea è quella condizione di “autoreclusione oggettiva” che ha colpito tutti noi durante la pandemia, mentre quella psicologica è invece quella condizione soggettiva in cui l’individuo che ne soffre non si sente accettato e integrato nella propria società e la rifugge.
Si tratta di quella forma di autoesclusione ben più grave tipica di chi si ritira e si nega ai rapporti sociali esterni. E’ la solitudine patologica di chi si chiude in casa e smette di uscire, vivendo una vita da isolato in cui non vi è più un confine preciso fra il giorno e la notte, fra la vita “sana” e quella “malata” con allontanamento dagli altri, ansia e fobia sociale.
Si tratta appunto di chi soffre per sindrome di Hikikomori. Sindrome che sembra essere nettamente aumentata durante la pandemia.
Come è stato vissuto il lockdown?

Ogni individuo ha vissuto il lockdown in maniera diversa, stando a quanto scrive Hikikomori Italia, ma chi, in quel momento stava combattendo con la propria condizione di adolescente Hikikomori e stava cercando di uscire dalla malattia, si è ritrovato con molteplici bastoni tra le ruote durante il suo processo riabilitativo e i suoi tentativi di tornare a una possibile normalità.
I ragazzi affetti dalla sindrome Hikkikomori e che erano in via di miglioramento, infatti, malgrado i risultati favorevoli ottenuti in precedenza hanno fatto notevoli passi indietro. Ritrovandosi a regredire per via della costrizione legata allo stare per “obblighi da pandemia”. Ritrovandosi costretti quasi paradossalmente a ritornare a vivere nuovamente da reclusi tra le proprie quattro mura.
Perdendo così la possibilità – e spesso la voglia – sia di riprendere ad uscire, sia di ristabilire dei validi contatti sociali esterni di presenza. Tornando così ad avere relazioni mediate solo dalla tecnologia perdendo anche le occasioni di contatti legati alla frequenza scolastica o un’eventuale uscita di casa con un amico o coetaneo.
Chi era allo stadio iniziale della sindrome Hikikomori come ha reagito?
Chi si trovava allo stadio iniziale della sindrome di Hikikomori ha subìto un’accelerazione del processo di isolamento sociale, quasi adagiandosi nella propria chiusura e vivendo un preciso calo delle relazioni.
Relazioni che si sono temporaneamente bloccate unitamente a una fortissima riduzione delle pressioni esterne inerenti all’uscire e all’avere una realizzazione personale esterna alla casa.
La pandemia è stata perciò un punto cruciale – e di svolta negativo – non solo per i ragazzi isolati ma anche per le loro famiglie, in base anche alla ricerca pubblicata sull’Asian Journal of Psychiatric. Soprattutto nei casi di lutto familiare da Covid 19 o di perdita del lavoro di uno o più genitori.
Questa ricerca afferma che se anche “l’effetto negativo sui giovani, correlato alla perdita del lavoro dei genitori a causa del Covid-19, non è ancora stimabile”. Si può comunque ipotizzare una situazione di elevato stress e di aumento dei conflitti intrafamiliari tra genitori e figli, portando alla nascita di scontri sia verbali e fisici.
Proprio in considerazione anche dell’elevato rischio di tensioni e conflittualità all’interno del nucleo familiare è altresì consigliabile che vi sia un supporto psicologico continuativo sia durante la pandemia, sia a prescindere da essa, per i genitori che hanno un figlio affetto da sindrome Hikikomori.
Isolamento sociale e Hikikomori: un possibile aspetto positivo
In conclusione si può dire che il vissuto di ritiro sociale innescato dal lockdown e dalle norme di tutela della salute attivate contro il rischio di contagio da coronavirus, ha creato una sensibilizzazione più ampia nella costra società rispetto ai temi della solitudine degli adolescenti e dell’autoesclusione sociale dei ragazzi.
Facendo scoprire a molti quella condizione di disagio, insicurezza e sofferenza da isolamento, vissuta ormai purtroppo da molti ragazzi e soprattutto da chi è affetto dalla sindrome Hikikomori.
Questo ha permesso a numerosi adulti di sviluppare sensibilità ed empatia recependo meglio i sentimenti di disagio e incertezza che provano molti giovani. Aumentando l’empatia e l’interessamento al problema della solitudine e dell’autoreclusione volontaria che, purtroppo, viene ancora troppo sottovalutata e presa “sottogamba”, sottostimandone gli effetti.