L’umiliazione si prova quando ci si sente in inferiorità o si prova un senso d’incapacità
Chiunque si è ritrovato a provare il senso di umiliazione può tranquillamente affermare che è assai spiacevole e indesiderabile dato che provare umiliazione può essere anche estremamente sgradevole e portare a vissuti negativi intensi.
Stranamente, l’umiliazione è spesso trascurata in ambito scientifico in quanto, in psicologia, s’indaga molto di più su altre emozioni quali rabbia, ansia, gelosia, paura e invidia.
Tuttavia, non bisogna sottovalutare l’umiliazione in quanto questa essa gioca un ruolo determinante in molte situazioni, in particolar modo nei contesti di vittimizzazione e di svalutazione. E’ quindi importante approfondirla sottolineando anche gli effetti che essa ha a breve e a lungo termine.
Cos’è l’umiliazione?
L’umiliazione è uno stato emotivo negativo che comporta la sensazione di valere poco o di non valere in modo adeguato e sufficiente a una o più situazioni, di essere mediocri, ridicoli o insufficienti agli occhi propri o altrui.
Essa è piuttosto presente nella vita di tutti i giorni. Non a caso molte persone, spesso in modo consapevole o senza rendersene conto, umiliano chi hanno di fronte. Mancando di empatia nel comunicare ciò che vogliono o parlando in modo gradevole e che ferisce.
L’umiliazione spesso si manifesta in vari ambiti specifici, fra cui: quello familiare, lavorativo, educativo e di coppia.
Ognuno di noi è diverso e reagisce in modo differente a offese e svalutazioni: a seconda dello spessore della propria “corazza” e della propria sensibilità. Vi sono persone che riescono a far scivolare via le offese e le ingiurie, ma non tutti riescono a farlo.
Se sei una persona sensibile, ti sarà capitato di ricevere delle umiliazioni e offese e – di conseguenza – chiuderti a riccio, sperando di scomparire per via del senso di umiliazione e di vergogna provata.
Occorre precisare che l’umiliazione non è correlata a piccoli errori della vita quotidiana in cui si viene ripresi, come ad esempio sbagliare una pratica lavorativa, bensì è strettamente legata ai rimproveri importanti, brutali o ripetuti nel tempo che possono generare frustrazione e vergogna. Estremizzando, l’atto di indurre umiliazione in un altro, fino a farlo divenire vittima, si presenta in determinate situazioni di coppia o nei casi di violenza domestica.
Un celebre esperimento in psicologia
Uno dei celebri esperimenti di psicologia che ha ben indagato le tematiche attinenti agli stati di umiliazione, è l’esperimento portato avanti dal ricercatore e psicologo statunitense Philip Zimbardo, conosciuto come lo Stanford Prison Experiment.
Nell’esperimento, i soggetti sperimentali (che erano tutti studenti di psicologia) erano stati suddivisi in guardie e prigionieri. Questi divario tra ruoli ha portato a una netta differenziazione tra i due gruppi: le guardie iniziarono ad umiliare i soggetti del gruppo dei prigionieri e questo divenne parte integrante della dinamica d’azione. L’esperimento, che sarebbe dovuto durare ben due settimane, è stato interrotto dopo sei giorni a causa della violenza emersa (umiliazioni, privazioni di cibo o obblighi a sfondo sessuale) e la totale immersione degli studenti nei ruoli.
Gli studenti nel ruolo di guardie erano stati posti in una condizione di potere che poteva essere esercitata sui prigionieri, soprattutto sotto il profilo dell’umiliazione.
Secondo Zimbardo, la depersonalizzazione dei prigionieri e il ruolo istituzionalizzato delle guardie spiega i comportamenti violenti che, quelle stesse persone, non avrebbero mai attuato in un contesto differente o nella lorro vita reale di studenti.
Gli effetti dell’umiliazione sul nostro cervello
Alcuni ricercatori dell’Università di Amsterdam hanno condotto uno studio in cui hanno confrontato le reazioni di 46 volontari all’umiliazione e a diversi altri stati emotivi.
I ricercatori hanno notato che il senso di umiliazione scatena un’attività cerebrale molto più veloce e intensa rispetto ad altre emozioni positive e negative: il livello di attivazione cerebrale e di risposta emotiva causate dal senso di umiliazione risultavano più suscettibili attivando determinate aree del cervello che sono associate al dolore.
Una scoperta importante che ci fa capire i risvolti importanti attinenti al senso di umiliazione.
Come gestirla?
Come può, una persona che è soggetto di un “attacco umiliante”, gestire questo stato d’animo?
La giusta risposta all’umiliazione sta nel conoscersi. Se sei stati attaccato, non devi dare troppo peso e importanza all’opinione altrui. Devi capire chi sei e impedire che sia qualcun altro a definirti, anche quando commetti degli errori. Devi imparare perciò a prenderti cura della tua autostima per ritrovare una valida fiducia in te stesso anche nei possibili momenti di dubbio e sconforto.
É molto importante curare il tuo linguaggio interiore, ovvero come comunichi con te stesso. Devi quindi imparare a trattarti bene, senza essere troppo duro con te stesso, ripetendo a mente che “tu vali e che non sei stupido”. Concediti quindi di poter anche sbagliare e non cercare la perfezione ma, anzi, sii permissivo e tollerante sia con te stesso, sia con gli altri.
Valorizzati al punto che qualsiasi attacco umiliante tu possa ricevere lasciala andare scivolando via come fosse poco importante o come se potesse scorresse via come “acqua sui vetri”. Se è impossibile controllare le azioni degli altri o debellare del tutto l’umiliazione, la vera cosa importante da fare nelle situazioni che possono essere sppiacevoli è quella di fare in modo che l’umiliazione non ti colpisca o lo faccia, eventualmente, in modo moderato.
Ora che hai compreso che spesso l’umiliazione funziona come una sorta di attacco alla tua identità che ha magari l’obiettivo di farti star male, quando puoi scegli con attenzione le persone che frequenti e limita le occasioni in cui puoi essere ferito. Inoltre, sviluppa una sana fiducianei tuoi confronti riducendo le situazioni in cui tu trovi a dipendere dall’approvazione degli altri.